Bellezza come resurrezione
· Nell’ultimo
romanzo di Philippe Sollers ·
Un
interrogativo sollecita il lettore di Beauté (Paris, Gallimard, 2017,
pagine 204, euro 16), ultimo romanzo di Philippe Sollers: «Una scrittura in
musica o una musica in scrittura?». L’esergo —
la scritta del tempio di Atena Aphaia — ne diventa il portale d’accesso: «immortale è la bellezza».
L’eco
del V secolo prima della nostra era si intreccia con
statistiche odierne che prendono di mira il malessere umano osservato freddamente:
«Ogni secondo circa 43.000 video sono visti su Youtube, 1.460 miliardi per
anno. Ogni secondo sono fatte circa 39.000 ricerche sul motore di ricerca Google da chi naviga, vale a dire 1.204 miliardi per
anno. In ogni secondo si bevono più di 4.000 litri di Coca-Cola nel mondo, vale
a dire 350 milioni di litri al giorno».
I
registri si intersecano e si fondono su piani diversi ma pur sempre
complementari e svelano il narratore e lo scrittore
uniti nella musica delle parole: le corde del suo animo sono corde di uno
strumento musicale esistenziale. La Bellezza, il basso
continuo che scandisce ogni nota, ogni parola.
Le
Variazioni per piano opus 27 di Anton Maria von Webern, interpretate da Glenn
Gould ed ascoltate per la decima volta — «le
note infine sono più che delle note» — richiamano tutti gli echi della
cultura: i volti e il canto degli amici scrittori: Céline, Philippe Roth; degli
amici poeti: Pindaro, Hölderlin, Rimbaud; degli amici filosofi: Heidegger,
Hegel, Nietzsche.
Il
pantheon di una vita spesa nell’ascolto delle plurime e sfaccettate voci della
persona pensante, dell’artista, di colui che sa amare, e della morte che balza
implacabile non solo a sfiorare ma anche a condizionare tutte le tematiche
ripensate: l’amore e l’erotismo; l’inno a Bordeaux; la pubblicità; Internet; la
vita; l’oscenità; la lingua.
Philippe
Sollers, che dissemina le sue pagine di citazioni, cioè dei tratti del volto
dei suoi amici, cita Bataille: «Parlo alla fine lungamente della morte, ma della morte come parlare? Se non sognando, se non con il riso di un’indifferenza divertita? Chi ama sfarsi come
una nube? Sfarsi?».
La
morte diventa, malgrado le apparenze, la questione centrale all’interno di una sorta di passeggiata nella cultura, ritmata dalla musica. Gli occhi leggono, la mente compone, gli orecchi ascoltano la
musica, ben tesi. La morte aleggia.
Pause e silenzi, bellezza e
contro bellezza: « Niente di più opposto alla musica di Bach, Haydn, Mozart o
Webern — che è all'opera sotto i nostri occhi. Un'opera nera: guerre,
massacri, bombe, sgozzamenti, terrori, menzogne e calunnie, blabla religiosi e
mortiferi, ma anche bruttura, i dollari crepano l'arte e i mercanti del tempo
se ne rallegrano. Le strofe scordate del nichilismo che lo scrittore
rappresenta da decenni, si invitano di nuovo al ballo del secolo nuovo».
Un romanzo di cultura quindi,
spazio letterario, che si dispiega nella fioritura delle citazioni,
indubbiamente erudito e in una lingua francese eccellente ma scritto ad
orecchio e da leggersi ad orecchio nei suoi tre assi: l'inno all'amore, il
lavoro della lingua francese, la critica estetica. In una persona: Lisa che
raccoglie ogni bellezza, come un'antica dea greca. La Bellezza incanta e
riporta la persona alle sorgenti del suo essere, pavesa la strada a
quell'incontro che il rosone di Notre-Dame suggerisce e fa trasparire nella sua
fantasmagoria di colori proprio durante la celebrazione di una morte che, per
il pensante e non solo il credente, racchiude nella sua contro-bellezza la
Bellezza assoluta, il Risorto, che Sollers non coglie ma che, forse, balugina
nella musica: «Si può rammentare a Parigi guardando intensamente il grande
rosone di Notre-Dame durante un servizio funebre. Questo miracolo della rosa mistica fiammeggia come un tuono silenzioso e una
formidabile speranza si innalza al di sopra della folla cieca. Si interroga
qualche spettatore e recitano stentatamente dei luoghi comuni sulla pace e la solidarietà, più forti dell'odio. È la tisana del giorno. Il rosone è in
guerra intima, è fatto per delle vittorie e delle risurrezioni. Chiede
di essere vivificato dalla musica, non dai cori, non
dall'organo, basterebbe un pianoforte ».
Lisa, l'amante pianista dalle
radici greche che si trova a suo agio in tutta Europa, incarna erotismo e
bellezza: «Questa pianista, che non ha trent'anni, è un gigante, il rosone è là, sotto le sue dita. Mi accorgo che sto piangendo da un bel po' nella notte nera. Ecco, è tempo
di calmare la tempesta, di rientrare per dormire. Il pubblico, laggiù, è
sospeso e commosso, si direbbe che ha paura di applaudire. Infine, arriva ed è delirio». Il registro del lettore si affina, forse qui
giace la speranza, risvegliata e sorretta dalla Bellezza che emoziona e lo
sospinge più in là a percepire il dono della vita.
Eterna Bellezza.
CRISTIANA DOBNER
L’OSSERVATORE ROMANO, 21.05.2017
|